La cassa espressiva iperdinamica
Immaginate di mettere assieme una grossa combinazione di registri all’Organo Espressivo che includa tutte le ance, di 16’, 8’ e 4’. Un suono molto ricco e potente. Ora immaginate di poterne ridurre il volume a pianissimo. Se ciò accade, quella stessa registrazione diventerà utile non solo in passaggi poderosi ma in una grande varietà di circostanze. Maggiore è l’ampiezza nel controllo del volume, più grande è la versatilità offerta all’organista. Questa è la ragione per cui tutti, organisti e organari, sognano casse espressive veramente efficienti. Con la nuova tecnologia sviluppata da Ruffatti questo è oggi possibile.
Vari fattori contribuiscono al raggiungimento dell’obiettivo, e provengono tutti da una serie di semplici osservazioni.
Cominciamo col considerare cosa succede al suono a cassa espressiva chiusa. Se molto suono filtra attraverso le pareti, la differenza di volume fra cassa aperta e chiusa diminuisce. La prima logica misura è stata quella di costruire griglie e pannelli che potessero ridurre la propagazione sonora al minimo, rifiniti in mogano, dello spessore di ben 48 millimetri, costruiti con speciali tecniche e testati nei sofisticati laboratori del Fraunhofer-Institut für Bauphysik di Stoccarda.
Un altro importante fattore che contribuisce al successo delle nostre casse espressive è la meticolosa attenzione nel sigillare al meglio qualsiasi apertura, per quanto piccola, in modo da mantenere la pressione sonora all’interno quando la cassa è chiusa. Le foto che seguono illustrano questo aspetto.
Consideriamo ora cosa succede al suono all’interno della cassa, quando si aprono e chiudono le griglie di espressione. Se misuriamo il livello di pressione sonora dentro alla stanza a griglie aperte notiamo che, chiudendo le griglie, questo livello aumenta in modo significativo. Ciò avviene perché, a griglie aperte, le aperture fra le griglie agiscono come fonoassorbente (il suono esce e non ritorna), mentre a griglie chiuse si verifica un fenomeno inverso: sparisce l’effetto di fonoassorbenza e si aggiunge al suo posto una superficie riflettente, quella delle griglie chiuse, che amplifica il suono. Questo effetto vanifica in parte l’obiettivo di ottenere una differenza accettabile fra volume massimo e minimo al di fuori della cassa: se il volume a cassa chiusa aumenta all’interno, maggiore sarà il volume di suono che filtrerà all’esterno, innalzando così il livello del volume minimo percepito.
Ruffatti ha trovato una soluzione efficiente al problema: una particolare applicazione all’interno della cassa espressiva, che riduce il volume a cassa chiusa, garantendo allo stesso tempo una proiezione ottimale del suono all’esterno a mano a mano che le griglie vengono aperte. Il risultato finale è una dinamica di volume almeno doppia rispetto a ciò che normalmente si considera un buon risultato di espressione. Un contributo significativo alla caratteristica più ricercata in qualsiasi organo: la versatilità.
LA RICERCA